Ciao,
quasi 5 anni fa, di questo stesso periodo, l’epidemia di Covid si apprestava a fare capolino nelle nostre vite. Forse ci ha cambiati, forse no, ma sicuramente ha mostrato un nuovo volto del nostro essere umani, qualcosa a cui non avevamo pensato a fondo. La fragilità insita nella nostra natura, la ripercussione delle nostre azioni sul resto del mondo (proprio come “un battito di ali di farfalla” ma anche il bisogno di avere cura. Gli uni degli altri.
Molte cose sono cambiate da allora. Oggi ripensavo a dove mi trovavo io 5 anni fa. Ero a Roma, in mezzo a tanti turisti, a visitare per la seconda volta in vita mia la Cappella Sistina. La sensazione è sempre la stessa: la maestosità, la perfezione, l’imponenza e la bellezza.
Ma come c’è riuscito Michelangelo a realizzare tutto quello da solo? E soprattutto come si è sentito nel farlo? Come succede spesso in questa newsletter, la risposta l’ho trovata in un libro.
“Nella mente dell’artista”
“Nella mente dell’artista” di Will Gompertz è un manuale che parla del processo di creazione usato da grandi artisti per produrre quei capolavori che sono passati alla storia, tra cui la Cappella Sistina, appunto.
Tanti tratti comuni tra curiosità, creatività, visione d’insieme e cura dei dettagli e un immancabile coraggio. Produrre un’opera d’arte è molto spesso come essere nudi di fronte al mondo mostrando qualcosa di cui non si è sicuri del valore. Un grande atto di fiducia, insomma, verso se stessi ma anche verso il prossimo.
Benedizioni al tuo coraggio, uomo,
è la strada per le stelle.
– Virgilio
Ritornando alla Cappella Sistina, la storia narrata è questa. L’appena trentaduenne, Buonarroti era brillante (aveva già il David nel suo curriculum) ma infelice: il suo mecenate Papa Giulio II gli aveva revocato l’incarico di scolpire la tomba papale. Michelangelo sospettava che Bramante, architetto preferito del Papa, stesse congiurando per favorire Raffaello. La stessa assegnazione degli affreschi della Cappella Sistina la visse come una conferma di questa trama, una sorta di premio di consolazione.
Michelangelo, come prima risposta al Papa, esordì con un clamoroso no. “Accettare la Cappella Sistina significava rischiare tutto per una commissione che non si era cercato né si sentiva pronto ad affrontare” spiega Will Gompertz. E lui era uno scultore, non un pittore. Men che meno un esperto di affreschi, cosa che Bramante e Raffaello sapevano bene.
La paura del fallimento
Michelangelo protestò varie volte al Papa di non riuscire a trovare collaboratori adatti per completare il lavoro di quell’opera immensa, sottolineando le difficoltà della pittura che gli gocciolava negli occhi e nelle orecchie (vicenda che tutti i libri di storia dell’arte non mancano mai di sottolineare). La situazione si sbloccò solo quando il Papa disse le parole magiche: poteva disegnare quello che voleva.
Con l’idea di avere carta bianca (oltre alla possibilità di fallire), “Michelangelo decise che, se l’incarico si fosse rivelato un fallimento, almeno lo sarebbe stato in maniera spettacolare“. E trovò il coraggio di rappresentare le scene della Genesi, rinchiudendosi 4 anni nella Cappella Sistina e lavorando completamente solo, giorno e notte. Quando nell’ottobre del 1512 smontò l’impalcatura, fu ripagato con la soddisfazione di vedere lo stupore negli occhi del corteo del Papa. Stesso stupore che rivivono gli spettatori oggi.
Prima di allora non era mai stato prodotto alcunché del genere. L’assoluto virtuosismo dell’affresco michelangiolesco, la tecnica esemplare, la totale comprensione della prospettiva e la fervida immaginazione sono abbaglianti e ineguagliabili.
Questa vicenda è una storia esemplare, che racconta il coraggio di un artista di cimentarsi con qualcosa che né aveva cercato né si sentiva in grado di fare. Ottenendo poi la consacrazione a dispetto di chi gli congiurava dietro. C’è poi l’importanza di avere qualcuno che crede in noi, come il Papa che era sicuro che Michelangelo fosse all’altezza delle aspettative.
E infine la lezione più importante di tutte. “Chiunque desideri esplorare nuove idee deve saper osare. La società esercita su di noi una pressione enorme affinché ci uniformiamo”. La vicenda della Cappella Sistina ci insegna che vince chi riesce a rispettare l’ordine precostituito ma trovando la propria voce fuori dal coro.
(Piccola n.d.r.: Questa storia è inserita anche nel volumetto che ho scritto sulla comunicazione e il design che puoi trovare qui).
Altre ispirazioni
In questi giorni a Milano c’è il bellissimo festival organizzato da Chora Media con tanti ospiti d’eccezione come Alessandro Barbero, Vasco Brondi e Chiara Gamberale. Ha aperto l’edizione (la numero 2) la serata di ieri con ospite Cecilia Sala (intervistata da Mario Calabresi), accolta da uno scrosciante applauso per la sua professionalità, onestà intellettuale e coraggio.
Il festival si concluderà domenica. Per vedere il programma completo, consultare il sito dedicato al Chora Volume 2.
🎤 Come sappiamo, si è da poco concluso Sanremo. Se ne parla molto per via del podio (discusso), dell’Eurovision e delle pagelle dei vari magazine. Ma io posso dire che ho trovato geniale questa puntata di “Esclusivissimo” (scusate la divagazione poco intellettuale ma è davvero un gioiellino di comicità).
🏗️ “The Brutalist” è un film imponente e che suscita emozioni molto contrastanti tra loro durante le quasi 4 ore di visione (I am not kidding, ndr). Candidato a 10 oscar, vale la visione.
🤠 Dopo aver visto il film “Complete Unknown” sono entrata nel trip di Bob Dylan. In particolare con quel capolavoro chitarra, voce e fisarmonica di “The Freewheelin’”.
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Un saluto,
Stefania